Ritornando sul sistema di ragionamento di Google: quando questo decide che un sito va penalizzato. Non è forse il caso di parlare di intelligenza, usando certi termini? La riposta è si, dal momento che Google analizza il contenuto di un sito web, ne valuta i riferimenti che altri siti web fanno, analizza il contenuto dei siti web che effettuano il riferimento, ne valuta la qualità, e infine decide se questo sito è frutto di spregiudicati tentativi di ricerca visibilità o è un autentico frutto di impegno umano atto alla divulgazione del sapere. Dunque si può dire che Google è dalla parte della scienza alla portata di tutti, scienza interpretata come sapere e condivisione di conoscenze sui più svariati argomenti, accessibili nel più breve tempo possibile e con il minor dispendio di tempo in strade sbagliate.
In che modo Google può essere paragonato ai folletti di Willy Wonka? Nello stesso modo in cui, ipoteticamente e per assurdo, a Mountain View lavorassero milioni di persone a leggere e valutare i documenti indicizzati. Le risorse spese fin’ora, nella realizzazione di questi risultati (per altro sempre in via di perfezionamento) fanno in modo che noi dall’esterno possiamo apprezzare il modo in cui i dati ci vengono forniti. Google ha avuto la necessità di applicare la matematica ai ragionamenti umani, in grado di discernere, valutare, apprezzare e penalizzare. Questo non è un impegno da poco. Vale milioni di dollari, vale ricerche e studi che continuano nel tempo. Da una parte per fornire sempre al meglio i risultati, dall’altra per raggirare i tentativi di inganno di chi crea siti per fare soldi senza contenuti. Quando addietro accennavo al fatto che la chiave di lettura degli algoritmi di Google è in ognuno di noi, alludevo al fatto che il metodo di ragionamento di Google è quanto mai prima d’ora, vicino al metodo di ragionamento di un essere umano. Chiunque, al giorno d’oggi, se cerca un documento, è in grado di stabilire se questo documento soddisfa i requisiti della mia ricerca: e non per questo devo essere un esperto di SEO. Leggendo un argomento, ognuno è in grado di capire, sin dalle prime battute, se l’informazione trovata, rispecchia quelle cercate, o se è meglio cercarle altrove. Allo stesso modo, Google, esamina i documenti e cerca quanto più umanamente sia possibile, di stabilire se questo documento può considerarsi valido e meritevole allo stesso modo con cui verrebbe giudicato da un essere umano. È per questo che ritengo ragionevolmente di poter parlare di Intelligenza Artificiale. Nel campo della robotica, l’intelligenza artificiale si rivolge anche e soprattutto alla classificazione degli input esterni, all’archiviazione di informazioni per essere rielaborate e formulate generando comportamenti non necessariamente istruiti dal programmatore. Ovvero, si forniscono le basi e gli algoritmi per generare il ragionamento, discernere ed eventualmente prendere un’iniziativa! Questo d’altro canto, è anche l’incubo di un domani, già fantasticato nei film di Hollywood, in cui le macchine pensanti prendono autonomia e coscienza e cominciano la battaglia all’uomo. Credo che nel campo di Google, non si arrivi a questo… o meglio, è bene augurarsi che un domani, Google non sia in grado di ragionare in maniera autonoma ed assoluta, tale da rifiutare gli input e cominciare a fare tutto di testa propria… ma questo è uno scenario che esula degli intenti di spiegare o meglio cercare di capire come Google ragiona. E non mi vergogno nel dire, che nel 99 per cento dei casi, questi studi vengono fatti per soldi. Si cerca l’algoritmo per far soldi, non per rivenderlo, ma per fare in modo che chi è interessato ad essere primo, paghi per esserlo!
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